© Hessisches Staatsarchiv Marburg, Best. 340 Grimm Nr. Z 49
Se non fossimo abituati a
venerare con un culto cieco e
con perenne adorazione la liber
tà, e non avessimo in lei una
fede incrollabile *— passando ad
esame i frequenti pericoli ai
quali ci espone, 1 danni che in
nome di lei ci fanno cadere ad
dosso gli ipocriti sacerdoti di
questo nume, che si mostra sem
pre- ai popoli a traverso lo nubi
dell' incenso che gli bruciano
intorno adoratori fìnti e bugiardi
— se non proseguissimo di un a-
more a. tutta prova la castissima
dea, rimpiangeremo gliajani pas
sati sotto il ferreo dominio dei
tiranne!li che angariavano le
cento città d’Italia, della quale
fanno oggi peggio? governo i
figli discordi e ambiziosi, peg
giore di quello che non ne fa
cessero i despoti stranieri che
lo mettevano a sacco.
Venti anni di vita civile,
libera ed indipendente, hanno
dimostrato egli italiani, che non
devono più temere degli estra
nei, ma di loro stessi. Termi
nate con fortuna maraviglioss,
e malgrado gli errori colossali
commessi dai nostri uomini po
litici e dai nostri capi militari,
le guerre di indipendenza, co
minciò un altra campagna più
disastrosa della prima, quella
delle ambizioni e degli interessi
privati, che divisero in millh fa
zioni i cittadini di questo sven
turato paese, intenti ad assicu
rare il trionfo dei proprio par
tito, non la grandezza e la pro
sperità della patria, che ebber
sempre sulle labbra, ma non nel
cuore.
Parliamo dei cittadini che
hanno voce in capitolo, dei cit
tadini che armeggiano, con man
dato o senza mandato del popolo,
perchè a questo è sempre toc
cato e sempre toccherà fino alla
consumazione dei secoli la parte
dell'asino, che porta i barili del
vino e beve V acqua pantanosa
del fosso.
Da questa guerra iniqua di
personalità e di subiti guadagni,
da questa infame manìa di vo- '
ler sostituire il trionfo dell’ io,
alla salute del paese, scaturi
rono tutti i mali che piomba
rono addosso a questa povera I-
talia, ridotta ormai una mummia
senza sangue nè carne, e quel
che è peggio senza anima, im
potente a rialzarsi dallo scorag
giamento e dalla miseria in cui
è stata cacciata.
Spogliata fino dell’ ultimo
zecchino, ridotta senza un bri
ciolo d’oro, che tutto se lo ingoia
rono i banchieri con T aggio e
con l’interesse che si appropria
rono per le usure pretese da lei,
che sì è ridotta ora alla vigilia
di veder morire di fame i suoi
figli, pei quali è incapace a pro
curar nè lavoro nè pane.
E mentre con T inoltrarsi
dell’inverno, si avanza verso di
noi lo spettro terribile della ca
restia e delle pubbliche calamità
che a quella tengono dietro, ve
diamo insorgere più furiose e
violenti le ire di partito, ed i
nostri capi popolo accapigliarsi fra
loro, lottare con mezzi buoni o
cattivi per levarsi l’un l’altro di
sella, e quasi non vi fossero più
al mondo che i loro interessi e
1® loro persone, lasciar che il po
polo muoia di stenti, purché la
loro fazione trionfi ed arrivi ad
i
-nsediarsi sul ponte del comando.
Sono ormai venti anni che
si ripete questo osceno e nau
seante spettacoli — Sappiamo
che la lotta è uno degli elementi
della vita pubblica presso le na
zioni libere, ma noi non pos
siamo permetterci questo lusso
di divertimenti. Che lottino i
partiti dei wig e dei tory in
Inghilterra, i liberi scambisti e
i protezionisti in America, si
intende ; in quei paesi dove le
casse pubbliche e private son
piene d’oro e d’argento, le lotte
servono di salutare esercizio, ma
noi che si muore d’ inedia,
non abbiamo bisogno di eserci
tarsi nella ginnastica politica,
ma di lavorar tutti d’ amore e di
accordo, per raccogliere almeno
tanto da levarci la fame.
E per dirla senza metafora,
il nostro paese ha bisogno di
ordine e di quiete, di buona
amministrazione e di gente o-
nesta, non di lotte politiche, di
destri e di sinistri, nomi esotici
e che in Italia non hanno un
significato, commedie di oltra
montani, che presso di noi son
prive di senso comune.
Con tutto questo armeggio
di voti di fiducia e di sfiducia,
di dimissioni e di accettazioni,
di ministri renunziatari, preten-
tendenti e scartati, non siamo
arrivati a vedere accettare un
italiano nel ministero del Vice
ré d’ Egitto, dobbiamo cercare
il grano al di fuori, e non ab
biamo danari per comprarlo, sia
mo disprezzati all’estero e tri
bolati in casa; e tutta la sapienza
dei nostri uomini politici ci ha
ridotti al punto dì dover morir
dal freddo e dalla fame, dopo
Ormai agli italiani non ri
mane altro che sperare nel senno
e nella lealtà del loro giovine
Re e confidare che egli voglia
una buona volta mandare a casa
tutti questi fannulloni, che in
tanti anni non sono stati buoni
che a screditare e impoverire lo
state, voglia circondarsi di persone
nuove tratte dal vero popolo, in
mezzo al quale non mancano gli
uomini onesti e capaci, e tirare
avanti con quelli, senza curarsi
tanto dei discorsi dei cattedra
tici, e degli avvocati. Alla voce
del Re, la nazione risponderà
con prontezza, indicando i nomi
degni della fiducia della reggia
e del popolo.