8 APPENDICE DEL DIRITTO
ERÄANNO GRIMM
CUOR DI FANCIULLA
’ ' }
DAL TEDESCO
Così non poteva che aumentare la sua
tristezza l’aspetto delle nubi, scure ed in
formi che velavano ora le stelle e davano
l'idea di una successione incessante di
pensieri tetri e sconsolati.
Emilio giunse a casa. La gran fabbrica
era al tutto deserta e vuota di arredi. Da
molto tempo non ci abitava anima d’ uo
mo, e se Emilio, scegliendo quella casa
per sua temporanea dimora, avesse avuto
in animo di cercarvi un impiego alla sua
operosità, certo non gliene sarebbe man
icato il modo, essendo in quel luogo ogni
cosa in abbandono.
Nella camera da letto staya ancora sos-
sopra tutta la roba di Emilio. Il servo l’a
spettava, ma fu mandato a letto subito,
senza che il padrone pensasse a far lo
stesso. Cominciò invece a sfogliare qual
che libro; ne prese uno, poi un’altro, e
ogni volta che gli veniva sott’occhi una
parola atta a dargli conforto, egli ci fissava
un po’ d’attenzione, ma poi gettava via il
libro. Tutte quelle lettere stampate gli
parevano prive di senso; tutte quelle belle
pai ole che pure promettevano tanto, erano
simili a dei fiaschi vuoti, ovvero piuttosto
a dei fiaschi turati così bene da non la
sciar passare nemmeno una goccioletta di
conforto. i
Ella dùnque non l’amava. Egli non ave
va alcuna ragione per dubitare della ve
racità di Alberto : anzi, coi suoi propri oc
chi aveva veduto come Emma lo piantò
lì per andarsene con quell’altro, senza Che
questi avesse fatto sembianza di costrin-
gervela; cosicché era mera pazzia il voler
pensare a lei.
La mattina susseguente faceva un bel
sole ed Emilio andò nel suo giardino, i
cui viali erano già coperti di molte frondi
scolorate, mentre le verdi tenevano ancora
fermo sugli alberi.
Emilio li gu^gdò pensoso, quegli alberi. !
Come stavano lì saidie calmi, nè sentiva- !
no alcun bisogno di mutar luogo ! E d’o- j
gn’intorno c’era la campagna aperta, vasta !
e piana, tutta ombra e luce : ma a lui I
sembrava una cosa morta, nè si sarebbe
j meravigliato se d’un tratto ci fosse venuto
! qualche terremoto a rovinar tutto.
I dover attendere ai suoi affari poteva
bene interrompere, ma non cacciar via
quei pensieri torbidi. Emilio avrebbe vo
luto fuggire di là, ed ogni giorno si sen-
I tiva vieppiù spinto a ciò.
i Se non che se avesse potuto leggere
nell’intimo suo, ci avrebbe veduto una
lieve speranza : la speranza che tutto non
era ancora perduto ; questo appunto lo
agitava. Per tre giorni egli rimase a lot
tare con se stesso; il quarto poi, montò a
cavallo, fermamente risoluto di andare a
trovar Emma e di parlarle ancora una
volta. ^
Questa volta era deciso a non più na
scondersi; andò dunque diviato alla casa
di lei, e vide che le gelosie del pianter
reno erano chiuse tutte; i polli soli sta
vano a razzolare nella corte, e una folata
di passere si levò subito per andare a na
scondersi nel fogliame spessissimo de
gli ippocastani dinanzi alla porta.
Allora il giovane si sovvenne con do
lore che la famiglia doveva già esser par
tita. La massaia però, la quale venne fuori
a parlargli, lo accertò che il padrone
aveva dovuto fermarsi in città per circa
una settimana, il che udendo, Emilio provò
conforto dolcissimo.
Dunque non erano ancor lontani e sa
rebbe facile raggiungerli? Tornò a casa
al passo di galoppo, e dato gli ordini ne-
cessarii, e messosi ad imballare la sua
I roba, era così lieto come se avesse avuto
; lettera da Emma colla preghiera di venire
| in tutta fretta per vederla ancora.
I Giunto alla città, domandò subito del
l’abitazione della zia: gli fu indicata, evi
andò. Fortunatamente era di mattina; dico
fortunatamente, perchè se egli fosse giunto
di notte, vi sarebbe andato egualmente,
; tanto gli pareva legittima la sua impa
zienza, quasi fosse stato latore di nuove
importantissime. Chiesto della signorina, fu
1 annunciato senz’altro, e dopo un poco gli
fu detto di restar servito.
Emilio entrò precipitosamente nel sa- !
Ione, e vi trovò la Teresa che stava se
duta presso alla finestra, colla testa ap-’
poggiata nella mano. Il giovane, il quale
era persuaso che sarebbe stato condotto !
da Erpma, rimase perplesso allorché rico- S
nobbe Teresa, nel momento che questa si !
alzò per rendergli il saluto. Nel suo \
primo sgomento non seppe dir altro !
che :
— Io avevo sperato di vedere la di lei
sorella.
— Me ne rincresce davvero — rispose
la fanciulla con un mèsto sorriso. — Mia
sorella è andata via ieri mattina.
— Dunque è già lontana — mormorò
egli, facendosi alla finestra, dalla quale la
Teresa si era allontanata un poco.
Giù, nella strada, la gente passava sol
lecita: in faccia un vecchio signore col
suo cane stava a guardare ; e sul limitare
della stessa porta di casa vedevansi due
bambini, i quali erano intenti a racco
gliere dei ciottoli. Emilio notò tutte quéste
cose in modo quasi meccanico, benché
sorridesse al veder arrivare un terzo bam
bino con un pezzo di vetro colorato, il
quale, raggiunti che ebbe gli altri due,
si mise a guardare alternativamente con
e si a traverso quel suo vetro ; e tutti e
tre ciò facendo, ridevano e mostravano
contentezza suprema.
— Signorina, — disse finalmente Emi
lio, rivolgendosi a Teresa, la quale non
era stata sorpresa del suo silenzio, — non
è vero che sono in via per l’Italia ?
— SI, — rispos’ ella, accostandogli si in
modo di affacciarsi anch’essa alla finestra;
la presenza del giovane le era graditissi
ma in questo Momento, perchè lo com
prèndeva così bene.
— Vuole permettere che io le narri un
fatto? — ripigliò Emilio, quasi parlando
a sè stesso, come suole avvenire a chi
stando Sopra pensiero, inventa dialoghi e
mette in bocca altrui la risposta che egli
stesso può dare meglio di niun altro : —
Un fatto, il quale è certo, quanto è certo
che noi stiamo in questo momento qui
l’uno in faccia all’altro?
E vedendo che Teresa non apriva bocca,
soggiunse con voce ferma :
— Io sostengo che sua sorella non ama
il signor Alberto di R.... nè è amata da
| lui. Scommetterei la mia propria testa che
ì è così, nè più, nè meno.
| Teresa, alle sue parole, non dette a di-
* vedere alcuno sdegno'; solo sospirò e
! guardando nell’aria, disse :
| — Ma ciò a noi due non giova
’ nulla.
— Lo sa dunque anche lei ? Ne con
viene dunque ? Ho avuto ragione? esclamò
il giovane tutto di fosco.
Ella però, quasi destandosi da un so
gno, disse vivamente :
— A che serve il parlarne ?
— lo non rinuncierò ad Emma, non
voglio e non posso rinunziare a lei, —
gridò Emilio. — Voglio accertarmi se il
mio cuore m’inganna o no; nè soffrirò
inai che quell’altro mi prenda in tal modo
ciò che è mio. Li seguirò e saprò la ve
rità.
— Caro amicò, — disse allora Teresa,
ritenendo nella sua la mano che Emilio
le porse, quasi stesse per mettersi in viag
gio subito —aspetti un momento, ridetta.
Anche ammettendo che mia sorella non
ami Alberto, chi le dice che non sia sem
pre meglio di lasciar stare le cose come
stanno ? Gi pensi bene. Anch’io ci ho pen
sato.
— Oh, signorina, io so che queste pa
role non escono dal cuor suo ! — escla
mò il giovane. — Le vengono dettate piut
tosto da non so che riflessione artificiosa:
non è egli vero ? ne convenga pure. Ella
vorrebbe impedire qualunque accidente
spiacevole? Io le prometto che non ci ca
piterà nulla di spiacevole. Ella vorrebbe
che sua sorella diventasse felice ? Io le
prometto che sarà felice. Ella crede forse
che Emma, poiché è tanto giovane e tanto
docile, sarà guidata meglio e con maggior
sicurezza da un uomo come il suo pro
messo sposo ? Oh signorina I se mai ha
amato, dee comprendere che non c’è mi
gliore guarentigia per una vita felice che
l’aqjore di due cuori che si sono cercati
e hanno potuto unirsi. All’infuori di ciò
tutto il resto non è che vano calcolo, mera
apparenza, falsa illusione che va a male
i quando prima viene affrontata da una sorte
realmente avversa. Mi guardi, signorina,
e mi creda. Non è menzogna la mia fede,
ed io so che lei stessa ci crede quanto me.
( Contìnua)