Hessisches Staatsarchiv Marburg, Best. 340 Grimm Nr. Z 31
1 APPENDICE DEL DIBITTO
ERMANNO GRIMM
CUOR DI FANCIULLA
DAL TEDESCO
Nella Germania settentrionale abitava
in una sua possessione il signor ***, gen
tiluomo di campagna tenuto in molta
considerazione e padre di due figliuole,
la maggiore delle quali, di circa vent’anni,
passava proprio per il ritratto del geni
tore; perchè, oltre a somigliargli nel volto,
era posata, assennata e pratica come lui;
mentre la sorella minore, d’indole più vi
vace, anzi irrequieta, provocatrice e talora
alquanto bizzarra nelle sue idee, sembra
va proprio volere sfidare il mondo a no
tare la differenza tra le due sorelle, ed a
giudicarne. In conseguenza la buona Te
resa era creduta piuttosto fredda, riser
bata e data alla domestica economia; Em
ma invece passava per essere scapestrata,
puerile, e scevra di pratica intelligenza.
Tuttavia, per chi avesse conosciuto me
glio le due ragazze, non c’era tanta dif
ferenza tra loro, eccettochè l’una era più
somigliante al padre, e l’altra ricordava
piuttosto la madre, morta troppo presto.
Che se le due sorelle non fossero state
sempre insieme, forse nessuno si sareb
be avvisato di vedere qualchecosa di parti
colare nell’una cpme nell’altra; ed il mor
do si sarebbe contentato di dire di cia
scuna:
« Che bella ragazza gentile! chi. sa che
non abbia quattrini? sapete se ha fratelli
e sorelle? » ed altre simili domande, co
me si sogliono fare in tali occasioni senza
che l’interlocutore per ciò si tiri addosso
la taccia di uomo volgare. Per rispondere
airultima di queste domande, dirò subito
che ci era un fratello maggiore, chiamato
Enrico; il quale, al tempo da cui princi
pia questo racoonto, stava in Italia, per
chè il soggiorno di quel paese non solo
gli era stato raccomandato dai medici, ma
rispondeva benanco alla sua inclinazione
per lo studio delle Belle Arti.
, Era in sul cadere di una serena gior
nata d’autunno. Benché il sole fosse già
andato sotto, faceva ancora un bel caldo;
se non che a’piè jlegli alberi del bosco il
musco cominciava a farsi umido : segno che
non sarebbe stato bene lo indugiarvisi.
Già conosciamo le due giovanette che
vediamo attraversare la boscaglia, affret
tarsi per la via la più corta, quasi voles
sero andare incontro alla striscia lucida
che l’orizzonte lasciava vedere sempre
meglio fra gli alberi diradantisi; cono
sciamo anche il loro babbo che tien die
tro ad esse d’un passo più lento e più
pesante ; ma non abbiamo ancora nominato.
quel signore, suo compagno.
Quel signore, sebbene metta piede in
terra con altrettanta fermezza, pure cam
mina con maggior precauzione su quel
suolo paludóso; coperto di piatite rigogliose
e di radici nascoste. Quel signore, quan
tunque assai più giovane dell’altro, da
molti anni n’è stato l’amico fedele. La
sciata la carriera diplomatica, e messosi
a fare grandi viaggi per tutta la terra,
egli sa ora raccontare le cose più interes
santi ; e ha i suoi bauli pieni zeppi di cu
riosità rarissime, e non di rado strana
mente e squisitamente profunde ; sicché
potrebbero ben indurre in tentazione non
un ladro volgare, ma un collettore di cu
riosità, se a ciò non fosse stato un eccel
lente rimedio la liberalità del proprietario
di quei tesori ; egli ne faceva volentieri
regalo, e con tutto ciò essi non parevano
diminuire. Erano egualmente inesauribili
i suoi libri da schizzo, i suoi ricordi e le
sue amabili gentilezze.
Già da più di quindici giorni la famiglia
si consolava di questi tre attributi del suo
visitatore. La pratica Teresa facevasi spie
gare persino nei più minuti dettagli il for
nimento delle capanne indiane; Emma, in
vece, da bambina qual’era, tenevasi sem-.
pre piene le tasche di varie frutta can
dite forestiere.
Al passeggio ella prendeva allegramente
il braccio dell’amico del papà; anzi, sulle
prime era stata per chiamarlo zio e dargli
del tu; il senno maggiore di Teresa però,
aveva ripreso subito quei modi come
troppo confidenziali.
Giunti a casa e preso il thè, i discorsi
non tardarono a languire : chè, in villa,
la compagnia ama ritirarsi di buon’ora per
andare a letto. Il signor Alberto di R
raccolse dunque i suoi dipinti chinesi e Si
accomiatò; le ragazze andarono via, ed il
loro padre passò nella sua camera, piena
di mille oggetti diversi, sospesi alle pareti,
ovvero sparsi sul suolo e sui tavolini; vi
erano fucili, pistole, giberne, fiaschette da
polvere, correggie; campioni di grano; mat
toni; cassette di sigari; trattati di orticol
tura, ovvero di malattie dei cavalli. Il bra-
v’uomo, sceltosi fra parecchi mazzocchi il
miglior sigaro, se l’accese; di poi volse il
passo verso la camera delle figliuole, chia
mando :
— Emma !
— Buon Dio, che c’ è mai ? Che cosa
può essere accaduto, papà ?
— Vieni da me ancora per un momento,
cara bambina.
— Vengo subito.
Emma si era già levato il pettine dai
biondi capelli ed aveva sciolte le sue grandi
treccie ; però, avviluppatasi in uno scialle,
venne a trovare il padre che stava nel
canto più scuro del suo canapè, e pareva
tutto intento a fumare.
— Eccomi, papà.
— Bambina mia, prendi la carta che
vedi colà sul tavolino, presso il mio por ■
tafogli..
— Sì, eccola.
— Questa, Emma' mia, è una lettera
che ho ricevuto ieri l’altro.
— Sì, lo vedo, ieri l’altro.
— Come mai hai potuto vederlo ?
— Or ora ho letto la data così alla sfug
gita, perchè la lettera è aperta.
— Va bene, leggi anche il resto.
Emma si mise a sedere sul canto del
tavolino, tenendo con una mano il suo
piccolo candelliere d’argento, con l’altra la
lettera ; d’un tratto gridò :
— Dio buono ! La Emma di cui si tratta
qui sono io di certo ?
Poi un riso sonoro le sfuggì dal labbro
e una fiamma le accese il volto, copren
dolo fino alla radice de’ capelli. Essa con
tinuò a leggere avidamente, e giunta alla
firma: Alberto di R.. gettò il foglio sul
tavolino, esclamando :
— Papà !
— Che ne pensi, figlia mia ?
— Egli vuol dunque avermi subito?
—> Subito, no di sicuro — le rispose
con calma suo padre, — perchè sei troppo
giovane ancora ; questo gliel’ho detto in
nanzitutto. Di ciò non può esser questio
ne prima che tu ,non abbia compiuti i
diciannove anni per lo meno. Ora non ne
hai che diciassette.
— Ne ho diciassette e mezzo, papà ;
poco ci manca ai diciotto ! — esclamò
Emma con vivacità.
— Dunque l’accetti, cara bambina ?
Emma tacque un istante, poi disse :
— È curiosa ; io non ci avevo mai
pensato a questo, neanche in sogno.
Ciò dicendo si pose a sedere sur una
seggiola in mezzo alla stanza. II padre,
dopo aver fumato un poco in silenzio, le
rispose :
— Il tuo non averci pensato non mi
dispiace ; tutto al contrario.
\
— Il signor di R... continuò Emma —
avrebbe potuto pigliarmi nelle braccia per
aiutarmi a passare una siepe o per giun
gere su qualche albero, senza che io per
ciò mi fossi immaginato nulla.
— E che cosa avresti mai voluto im
maginarti ?
— Non credere, papà, che io gli per
metterei tal cosa dopo aver letta questa
sua lettera.
— A me pare tuttavia che tu abbia più
fretta che tu non vuoi lasciar parere.
Emma d’un tratto balzò in piedi, e
preso il candelliere e la lettera si avviò
verso l’uscio, poi rivoltasi al padre, gli
disse :
— Bisogna, innanzi tutto, che io parli
con Teresa. Buona notte, papà, domani ti
farò sapere la mia decisione.
Nel dir ciò sforzavasi di parer seria,
ma si sentiva una grandissima voglia di
ridere. Si contenne però, ed indugiò un
poco sull’uscio. Così come stava lì, somi
gliava piuttosto ad una bambina, lieta di
aver ricevuto qualche bel regalo, che ad
una donna, alla quale un uomo ha fatto
una proposta di matrimonio; il suo a-
spetto sorridente faceva pensare ad un ro
saio tutto infiorato ed illuminato dal sole.
L’idea di mostrare quella lettera a Tere
sa le mise l’ali ai piedi. Attraversò cor
rendo un’intera fuga di stanze, sì che il
suo lume si spense, e finalmente si sca
gliò con grande strepito contro l’uscio
della camera da letto,
(Continua)