Marburg, Best. 340 Grimm Nr. Z 31
5 APPENDICE DEL DIRITTO
EHMANNO GRIMM
CÜQE DI FANCIULLA
DAL TEDESCO
Ciò dicendo, Emma lo guardò seria
mente ; e poi, quasi alquanto meravigliata
di quel che aveva detto, soggiunse :
— Non sarebbe égli ingrato di poter
dimenticare ciò che ci ha recato pia
cere ?
— Dunque avremo l’uno e l’altro il
xnedisimo ricordo per tutta la nostra vita,
«— le rispose caldamente il giovane.
Frattanto il legno essendosi avvicinato
molto, Emma si alzò anch’essa per andargli
incontro, e fu seguita da Emilio che le si
tenne .stretto a lato. Alberto, come prima
vide la fanciulla, balzò fuori dal legno, e
s’accosto a lei tanto rapidamente da smo
vere per caso alquanto dal suo posto il
giovane,. D cui saluto aveva reso un po’
freddami Ulte :
— Le LW’éi dato impaccio? — gli disse
questi con tuono si eccessivamente indif
ferente che sapeva eli asprezza.
Senza rispondergli, Alberto offri il brac
cio alla promessa sposa ; e tutti e due
affrettarono il passo, lasciando indietro
Emilio e Teresa.
— Quel signore è un suo zio? — chiese
il giovane alla sua compagna.
— Oh uo, è un amico di mio padre.
poi, ferma-
e : — Dovrei
una confì-
pro metta di
— A me pare che sia anche amico di
loro due.
— Sicuro.
— Ma è piuttosto amico della sorella
che di lei, cosi mi pare^
Teresa non fece motto e si chinò per
cogliere un fiorellino; l’altro soggiunse:
— Sarei stato indiscreto in qìiello che
dissi, signorina?
— Oh no! —- diss’ella, e
tasi, levò gli occhi su di lui
tacere; ma desidero di farle
(lenza, signore, purché mi
tenermi il segreto.
— Di grazia, non mi dica nulla — gri
dò egli, prendendole ansiosamente la ma
no. — Ma no, lo dica pure, soggiunse
con voce sommessa : — Quei due sono
promessi sposi, non è vero?
— Si, è vero, — rispose Teresa.
— L’ho temuto dapprincipio! —- escla
mò il giovane appassionatamente. — E
poiché ella mi tratta da amico, voglio an
ch’io farle una confidenza, e dirle che io
amo la di lei sorella, come mai non ho
amato, nè giammai amerò anima vi
vente.
Teresa accettò in silenzio queste parole,
dette impetuosamente; e poi camminarono
senza più far motto, finché ebbero rag
giunto gli altri due.
L’affare tra il loro ospite ed Alberto
era quasi stato conchiuso; e dopo un pranzo
coi fiocchi, i nostri amici lasciarono il pa
lazzo insieme cogli altri visitatori.
In paragone del luogo della festa, l’a
spetto della loro casa fece alle sorelle una
impressione alquanto malinconica, tanto
pareva deserta; tuttavia si rimisero assai
preste nella carreggiata di prima : i pro
messi sposi tornando a fare le loro pas
seggiate lunghe e frequenti; e Teresa oc
cupandosi delle domestiche faccende con
tanta maggior premura quanto più vedeva
avvicinarsi il giorno della partenza.
I promessi sposi non avevano mai pro
nunziato tra loro il nome del giovane E-
milio, nè quasi ci pensava più nemmeno
Alberto, rassicurato com’era dalla perfetta
franchezza e dalla gentilezza affettuosa
della sua Emma. Nondimeno ci era in lei
qualcosa di strano. Talora stva a passeg
giar sola nel giardino, fermandosi di quan
do in quando; poi andava ad appoggiarsi
contro un albero, e per lunga pezza ri
maneva così, in apparenza intenta ad os
servare qualche scarafaggio che correva
qua è là sul tronco, ovvero a guardare
qua e là con distrazione.
Anche nel salire e nello scendere le
scale essa non saltava più tre o quattro
scalini, com’era stata solita di fare; inve
ce andava piuttosto lentamente : ma tutti
quegli indizi non furono osservati da nes
suno, fuorché da Teresa. Le sorelle non
avevano parlato di Emilio, se non una
sola volta. Circa una settimana dopo la
festa da ballo, Teresa, udendo la notte
che Emma si muoveva irrequieta nel suo
letto, diede un sospiro ; e dopo Emma le
domandò :
— Teresa, dormi tu?
— No, cara bambina. Ma tu, perchè
non dormi ?
— Mi sono destata or ora. Buona notte,
mia cara.
Poi dopo un poco :
— Teresa!
— Che vuoi, figlia mia ?
— Ti ricordi ancora di quel giorno che
ci trovammo nel parco di ***, quando Al
berto venne a raggiungerci ?
— Sì.
— Allora tu rimanesti indietro con quel
giovane, e probabilmente vi sarete tratte
nuti molto ancora.
— Oh no, non molto.
— Eppure avrei pensato che vi sareste
detti tante cose ancora !
— Ma che cosa avremmo potuto dirci?
Siamo giunti a casa tanto presto.
— La via però era abbastanza lunga.
— Può ben essere, ma egli tacque.
— Oh ! egli tacque ?
Poi dopo un momento di silenzio :
— Sai, Teresina ?
— Ebbene?
— Ti dirò una cosa che mi pare stra
na. Quella sera nel cotillon quando pri
ma vidi Alberto dietro a noi, così all’im
provviso, ciò non mi piacque in sulle pri
me ; e tuttavia j.on fui mai così contenta
come quando gli diedi la camelia e poi
appresso. Alberto è così buono !
— Sì, certo, è ottimo.
— Io sono lietissima di dover andare a
Roma, e già vorrei essere in’viaggio.
— Non avrai da aspettar molto.
— Dici bene ; ma ora buona notte.
Addormentate che furono, 1’ una sognò
dell’Italia, e 1’ altra del corredo da fare
alla sorella.
Essendosi aguzzati molto i sensi di Al
berto ne’ suoi viaggi lontani, gli pareva di
udire spesso, mentre passeggiava con
Emma, un frascheggiare lì accosto, nella
boscaglia come di qualche selvaggina fug
gente ; anzi una volta tra l’altre gli par
ve di aver intravveduto una figura umana;
ma Emma si burlava di ciò, e andava di*
cendo che dovevano essere i ragazzi del
villaggio intenti a mettere delle schiacce
ovvero a cercare delle avellane come sem
pre facevano in autunno.
Una volta pero che Alberto era uscilo
solo, egli incontrò Emilio sulla strada
maestra: il giovane tassò senza mostrar
confusione, e prese a sinistra. Che poteva
significare la sua presenza in un luogo
così lontano dalla sua abitazione?
Un’altra volta poi, di sera, Alberto,
passeggiando soletto nel giardino, udì
qualcuno saltar dentro dal muricciuolo;
ed eccoti da capo Emilio che si fece in
nanzi frammezzo a’ cespugli, e cominciò
a chiamare ad alta voce il suo cane, co
me se l’animale potesse essersi smarrito
tra le boscaglie.
— Il signor di M...., se non m’inganno,
disse Alberto, accostandolo.
— Son io, e le auguro la buona sera.
Il mio cane si è permesso di entrare qui
nel giardino, a traverso la fratta, mentre
io passavo lassù per la via; ora l’ho sen
tito e ho saltato. il muro per richiamarlo.
La bestia pare a volte che fion conosca
più la mia voce.
— Lei dunque ha l’abitudine di cacciare
in questi dintorni ?
— No; ma avendo da fare qui vicino,
ebbi l’idea di tornare a piedi, e mandai
innanzi il servitore coi cavalli.
Queste parole furono dette con noncu
ranza; dopo il giovane ripigliò a fischiare
ed a minacciare il cane, che finalmente
comparve.
— Ella ha da far sovente qui vi
cino? — chiese Alberto, deferente sì, ma
non senza un certo accento di dubbio.
— Perchè lo dice? — rispose Emilio
mentre stendeva la mano verso il suo
cane, che saltava in aria per giungerla.
— Perchè mi pare di averla veduta più
volte. Non è passato anche l’altro gior
no poco distante da me, presso al giovane
faggeto?
— Può essere.
— Peccato che non sia entrato da noi
per un poco!
— Lo farò qualche altra volta, giacché
ha la cortesia di permettermelo.
— M’incresce di doverle dire che in tal
caso non ci troverà più in casa, perchè
stiamo per andare in Italia dopo domani,
io e la fapfiglia del mio amico. Buona
notte, signore.
E salutatolo con garbo, Alberto gli vol
tò le spalle e continuò a passeggiare.
Il giovane rimase perplesso, come se
un colpo d’arma da fuoco fosse stato tirato
improvvisamente presso al suo orecchio.
Appena riavutosi, balzò dietro al fidanzato
di Emma che si era allontanato d’una
ventina di passi, e messosegli davanti gli
disse :
— Lei va in Italia?
— Sì, signore.
— E le signorine ci vanno aneli’esse?
(Contìnua)